venerdì 18 dicembre 2009

We are less FREI

Non so cosa ne penserebbe, se fosse ancora tra noi, Primo Levi, che la realta' dei campi di concentramente l'ha vissuta sulla propria pelle, riportandola sul suo libro "Se questo e' un uomo". Posso pero' provare ad immaginare cosa ne pensano tutti coloro che sono sopravvissuti a quell'esperienza, e che sono ancora vivi, e chi ha avuto dei parenti rinchiusi nel campo di concentramento di Auschwitz.
Gli ignoti che hanno rimosso la scritta "Arbeit Macht Frei" (Il lavoro rende liberi), hanno commesso un crimine molto piu' grave della rimozione coatta in se'.
Il loro e' un tentativo di rimozione della memoria, oltretutto sciocco (come se l'aver tolto la scritta dal suo "luogo naturale", cancellasse l'orrore vissuto da esseri umani al di la' di quel cancello), rende a mio parere, ancora piu' grave l'abominio della dittatura nazista, e la creazione e lo sfruttamento dei "campi di concentramento".
Questo perche' quella scritta, quel "Arbeit Macht Frei" e' stato fatto scrivere ai reclusi del campo di Auschwitz dai loro stessi aguzzini, quei nazisti, che avevano individuato negli ebrei, gli zingari, gli apolidi, gli omosessuali, il male assoluto, l'ibarbarimento della "razza ariana".
Dovunque si trovi ora quella scritta, e' sicuramente nel posto sbagliato.
Peche' non potra' mai essere un abbellimento per un salotto, non potra' mai essere un oggetto di cui andare fieri con un gruppo di amici, ma, oramai dovremo dire "avrebbe dovuto", essere la prima testimonianza visiva della barbarie nazista.
Ogni "essere umano" passando davanti a quella scritta, o magari anche solo vedendola in una foto avrebbe dovuto fermarsi, e meditare, perche' questo e' stato.
E da qualche ora a questa parte, una parte di memoria e' stata rimossa.
"Il lavoro rende liberi", ma dal ricordo, e dai simboli che lo aiutano, perche' cio' che e' stato non sia piu', non dovremmo liberarci mai.

Di seguito posto il comunicato stampa di Carla Di Veroli, nipote di Settimia Spizzichino e Assessore alle Politiche Culturali del Municipio Roma XI

SHOAH: AUSCHWITZ; DI VEROLI, DOV'ERANO VIGILANTES?
CRO S43 QBXL SHOAH: AUSCHWITZ; DI VEROLI, DOV'ERANO VIGILANTES? (ANSA) - ROMA, 18 DIC - «Mi auguro che le autorità polacche individuino quanto prima gli autori dell'infame furto della scritta 'Arbeit macht freì ' posta all'ingresso del campo di sterminio di Auschwitz/Birkenau». Lo afferma Carla Di Veroli, nipote di Settimia Spizzichino e Assessore alle Poltiche Culturali del Municipio Roma XI. «Trovo gravissimo che un sito di così grande importanza per l'umanità intera, simbolo di una delle tragedie più grandi nella storia dell'uomo - aggiunge - non sia stato adeguatamente vigilato. Le operazioni necessarie per trafugare la scritta hanno sicuramente richiesto ore di lavoro durante le quali mi chiedo cosa facessero i vigilantes del campo. C'è sicuramente, da parte dei ladri, l'intento di rimuovere insieme alla scritta la memoria di un luogo conosciuto per le efferratezze che vi sono state compiute e per il numero di persone innocenti lì assassinate. Un intento di rimozione revisionista perseguito a pochi giorni dal 27 gennaio, data della liberazione del campo e universalmente adottato come Giorno della Memoria - conclude Carla Di Veroli - Ma la memoria di ciò che fu è scritta sulla nostra pelle e radicata nelle nostre menti in modo indelebile».(ANSA). COM-TAG 18-DIC-09 21:10 NNN

Nessun commento:

Posta un commento